È passato quasi un mese da quando la Corte di Cassazione è intervenuta per sciogliere alcuni dubbi relativi alle notifiche degli atti di accertamento: l’ordinanza numero 17939 dei giudici di Piazza Cavour ha infatti sancito come in occasione della notifica a mezzo del servizio postale sia sufficiente che il soggetto che consegna lasci la propria firma sul relativo registro di corrispondenza e non solo sull’avviso, senza alcuna importanza per quel che riguarda la leggibilità o meno. In pratica, quello che più conta è il collegamento che esiste tra il soggetto destinatario dell’atto e colui che consegna. Poco meno di due settimane fa, al contrario, si era fatto riferimento all’importanza della residenza fiscale per gli avvisi di accertamento.

La pronuncia della Suprema Corte si era resa necessaria alla luce di una cartella di pagamento emanata dopo un accertamento definitivo. Entrando maggiormente nel dettaglio, c’è da dire che la società a cui è stata destinata la cartella in questione ha proposto il ricorso all’ultimo grado di giudizio, dopo che la Commissione Tributaria Regionale aveva scelto di confermare la legittimità della cartella emessa nei suoi confronti per quel che concerne l’Irpeg (Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche) e l’Ilor (Imposta Locale sui Redditi). La Cassazione ha provveduto a respingere il ricorso, ricordando come fosse infondato.

In pratica, affinché una notifica di questo tipo sia valida basta che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica a cui è destinato l’avviso di accertamento e non in maniera occasionale. Quindi, è sufficiente che colui che riceve l’atto sia una persona addetta alla sede. In aggiunta, dettaglio di non poco conto, la notifica risulta essere valida ed efficace nel momento in cui la spedizione via posta ha avuto luogo mediante la consegna del plico, a patto che vi sia una firma sul registro della consegna e anche sull’avvio che deve essere restituito al mittente.