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Professionisti e autonomi, nessun controllo Bancomat da parte del Fisco

I lavoratori autonomi non dovranno più dare dimostrazione del fatto che i prelievi effettuati dal bancomat e non documentati non corrispondo a pagamenti ‘in nero’. La novità è contemplata nella sentenza n. 228 della Corte Costituzionale, la quale decreta la fine di questa presunzione con la quale il Fisco ha portato avanti fino ad adesso i suoi accertimenti sui redditi dei professionisti.

La Corte ha infatti considerato incostituzionale la norma di legge che parla di “compensi” stabilendo come sia inapplicabile ai professionisti la conclusione secondo la quale i prelevamenti di contanti non documentabili sono equivalenti a guadagni non dichiarati.

La presunzione da parte dell’Agenzia delle Entrate ha preso il via a seguito di una vasta gamma di provvedimenti legislativi, in sede di accertamento delle tasse sui redditi. Stando al Fisco, ai professionisti doveva essere applicata la medesima doppia presunzione di legge valevole per la categoria degli imprenditori. I prelievi non documentati per le imprese, infatti, dovevano solitamente essere considerati prelievi finalizzati al sostegno di quei costi in nero che non venivano dichiarati.

In questa maniera i prelievi di contanti effettuati col bancomat venivano considerati in automatico compensi in nero, se non per quei casi in cui il professionista non era in grado di produrre tutti i documenti relativi alle spese effettuate con tali contanti. Arriva, pertanto, la sentenza. Il vincolo di ‘presunzione’ è attualmente decaduto. Per tale ragione la presunzione nei confronti dei professionisti secondo la Cassazione è lesiva del principio di ragionevolezza e capacità contributiva ed è arbitrario per il Fisco ipotizzare che i prelievi ingiustificati da parte di un lavoratore autonomo siano finalizzati ad investimenti nell’attività professionale.

 

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