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Tassa sulle bibite, cosa c’è di vero

Mostrata, ritirata. E poi ancora riproposta e ritrattata. È la breve e travagliata sorte della tassa sulle bibite, un balzello che il ministro della salute Renato Balduzzi aveva proposto qualche settimana fa ad una riunione tra i tecnici interministeriali, e che tuttavia non ha riscosso molto appoggio. Tanto da esser stata eliminata, preferendogli una più tenue tassa sui superalcolici. Ma cosa c’è di vero sulla tassa sulle bevande gassate e su quelle alcoliche? Cerchiamo di chiarire un po’ di dubbi su una materia che non ha certamente trovato gradimento nella società.

La tassa, che voleva originariamente introdurre un balzello per il consumo di bevande analcoliche con l’aggiunta di zuccheri, è stata stralciata. A rimanere è invece la tassa sul consumo di super alcolici, che tuttavia rende esente da maggiori oneri la birra e gli alcolici più soft.

Il passo indietro del ministro è venuto al termine di una lunga negoziazione tra i tecnici della Salute e le associazioni degli industriali, con questi ultimi che hanno scelto di opporsi fermamente al provvedimento del ministero dello Sviluppo Economico. Una nuova tassa sulle bevande analcoliche e gassate avrebbe infatti avuto come effetto quello di produrre un rincaro dei costi di vendita e, di conseguenza il prezzo finale di vendita delle lattine.

L’impressione conclusiva è che il governo avesse in mente di applicare anche sul territorio italiano quanto negli Stati Uniti sperimentato con maggior successo (la “fat tax”), mascherandola da provvedimento che potesse supportare la finalità di uno sviluppo sociale verso un’alimentazione più corretta. Una tassa che anche in altri Paesi europei ha trovato margini di introduzione (Danimarca) pur con differenti margini di interpretazione rispetto a quanto il governo avrebbe voluto applicare sul territorio italiano.

Vedremo, nei prossimi mesi, se il tentativo di introdurre la fat tax anche in Italia sarà del tutto abbandonato, o se vi sarà una riproposizione futura.

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