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Riduzione della pressione fiscale: l’incognita delle clausole di salvaguardia

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Il programma per ridurre la pressione fiscale sulle buste paga degli italiani è uno dei primi impegni del Governo.

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Ma c’è un’incognita: si tratta delle clausole di salvaguardia, che rappresentano una variabile molto discussa delle leggi di bilancio degli Stati, che gli esperti non faticano a identificare come una “cosmesi” dei conti pubblici: si mette nero su bianco che – in caso necessario – scatterà questa o quella misura di inasprimento fiscale, per riportare i quadri programmatici dei conti entro i parametri comunitari.

La legge di Stabilità per il 2016 ha disattivato completamente l’eredità delle precedenti Finanziarie gravanti su quest’anno, impegnandosi per 16,8 miliardi. Tuttavia per gli anni successivi ha potuto pensare soltanto in parte ad escludere i suddetti inasprimenti fiscali: la legge è intervenuta per 11,1 miliardi nel 2017 e a 9,4 nel 2018, ma ha lasciato partite aperte da 15 miliardi per il prossimo anno e circa 20 miliardi per i due successivi.

Come ha avuto modo di evidenziare l’Ufficio parlamentare di bilancio, in sede di commento alla Finanziaria, “si prospetta in sostanza il mantenimento a decorrere dal 2017, degli aumenti dell’Iva. Resta quindi in vigore una clausola di salvaguardia per 15 miliardi nel 2017 e circa 20 miliardi negli anni successivi”.

Dai dati si evince che l’impegno richiesto al bilancio pubblico dalla rincorsa alle clausole è alquanto gravoso, in termini di rapporto sul Prodotto lordo. Ed è anche una variabile difficile da interpretare. Non a caso, i certificatori dei conti hanno fin da subito ricordato che “il ricorso a clausole di salvaguardia per garantire la tenuta dei conti nel medio periodo rende difficile riconoscere gli obiettivi della programmazione di bilancio per gli anni successivi al primo”. E per chiarirlo, l’Upb ha mostrato quel che è accaduto con la Finanziaria precedente: Essa prevedeva maggiori spese nette per circa 6,5 miliardi e minori entrate nette di analogo ammontare, compensate con 13,5 miliardi derivanti dalle clausole di salvaguardia su Iva e accise (per le quali, comunque, era dichiarato l’intento di una futura disattivazione), non producendo così in sostanza nessun effetto sul saldo 2016.

Nel disegno di legge di Stabilità 2016, quelle clausole sono annullate per il 2016 e vengono compensate da un incremento del disavanzo, che quindi di fatto va a finanziare gli effetti sul 2016 delle decisioni prese nella legge di Stabilità 2015. In pratica, la storia insegna che gli impegni presi nel passato, prima o poi, vengono a galla.

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