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Cessioni intracomunitarie senza partita IVA acquirente

La sentenza della Corte di giustizia Ue 6/9/2012, C-273/11, in materia di prova delle cessioni intra Ue apporta qualche significativa modalità interpretativa al tema. In particolare, viene stabilito che il numero di partita IVA dell’acquirente non rientra tra le condizioni sostanziali della cessione intracomunitaria, che è da considerarsi quale elemento in grado di fornire la prova dello status di soggetto passivo (agevolando di fatto i controlli), ma è altresì un requisito formale che non può condizionare l’applicazione del regime impositivo degli scambi intra Ue.

Pertanto, l’esenzione dall’Iva della cessione intracomunitaria non può essere negata per il solo fatto che il cessionario – soggetto passivo – non dispone del numero di partita IVA.

Come correttamente affermato dal quotidiano Italia Oggi, tuttavia, questo principio non trova grande applicazione nella prassi, dove il requisito della partita IVA viene sempre verificato dagli operatori, che danno corso alle forniture solamente dopo l’acquisizione e la verifica di tale codice identificativo.

“Del resto, è la stessa normativa ad attribuire un ruolo centrale al numero identificativo” – precisa il quotidiano – “in funzione dell’accertamento dello status dell’acquirente. La sentenza ricorda, infatti, che, in questa prospettiva, l’art. 214, par. 1, lett. b) della direttiva impone agli stati membri di identificare con un  numero individuale ogni soggetto passivo che effettua acquisti intracomunitari (anche se non tutti gli stati sembrano essersi allineati alla prescrizione). Il regolamento Ue n. 282/2011 del 15 marzo 2011, inoltre, sia pure nell’ambito degli scambi di servizi, stabilisce che il prestatore, salvo che possegga informazioni contrarie, può considerare che il committente comunitario ha lo status di soggetto passivo se questi gli ha comunicato il numero identificativo, del quale abbia ottenuto la conferma di validità e di esattezza del nome e dell’indirizzo attraverso il sistema Vies”.

“La possibilità di prove alternative” – conclude il giornale – “viene menzionata solo per il caso in cui il  committente abbia richiesto e non ancora ottenuto il numero identificativo”.

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