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Tari, quando non va pagata?

Per quei pochi che ancora non ne sono a conoscenza, la Tari è l’imposta che ha rimpiazzato nell’ordine, Tarsu, Tia e Tares. Una sostituzione verificatasi con qualche differenza sostanziale.

 

Quando si parla di Tari si parla di imposta (tassa) in riferimento alla connessione vigente tra pagamento ed effettuazione del servizio anche se il Decreto Ronchi utilizzata il più delle volte il termine “tariffa” rinviando successivamente ad decreto la stesura nel dettaglio del servizio. Questo piano finanziario però non è mai stato portato in essere.

Al fine di capire che cos’è con precisione la Tari è necessaria una premessa sulla sua applicazione:

Tecnicamente è tenuto al pagamento della Tari chiunque possieda o detenga, a qualunque titolo, locali o aree esterne, atte a produrre rifiuti urbani (fatta eccezione delle aree condominiali o di quelle accessorie o delle pertinenze di un immobile tassato). Scopo della tassa è quello di coprire i costi del servizio di igiene urbana: la parte fissa dipende dalla superficie dell’immobile mentre quella variabile è proporzionale al numero dei componenti della famiglia. La questione dell’inquadramento della Tari non è solo un dettaglio giuridico: se viene considerata come un tributo infatti dovrebbe sottostare ai criteri di proporzionalità e progressività affermati dalla Costituzione mentre se si parla di tassa non sarebbe coerente inquadrare lo smaltimento come un servizio pagato a consumo.

Ci sono una serie di casi singoli relativi a delibere comunali di dubbia legittimità che vanno considerati quando si parla di Tari. Una prima fattispecie accade ad esempio in sede di delibere adottate a posteriori rispetto alla data stabilita dalle leggi nazionali per i bilanci di previsione (che lo scorso anno è stata il 30 settembre). Delibere successive a questa scadenza possono essere impugnabili.

Un altro caso inerente diversi Comuni italiani concerne invece la riduzione della Tari inferiore al 40% nelle zone dove la raccolta non è prevista.

Tuttavia, tra i vizi formali il più comune concerne l’assenza di un piano tariffario, contrariamente a quanto statuito dalla Legge di Stabilità 2014: al fine di determinare con esattezza il costo del servizio occorre l’indicazione dei costi fissi e variabili. Quasi sempre invece gli avvisi di pagamento Tari sono vaghi.

In tutti i casi suddetti è opportuno impugnare l’avviso di pagamento in autotutela. In altri termini bisogna rivolgersi personalmente all’ufficio tributi del Comune. In caso di mancata risposta o rigetto è possibile impugnare la cartella di fronte alla commissione tributaria provinciale. Va ricordato però che l’autotutela non mette in stand-by i termini per l’impugnazione.

In ultima analisi, si rammenta che le aziende che gestiscono autonomamente lo smaltimento dei rifiuti e quindi non usufruiscono del servizio comunale, possono richiedere l’esenzione dal pagamento della Tari.

 

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