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Locazione abusiva e evasione fiscale

Con la sentenza n. 15/1/2013, la Commissione tributaria regionale del Lazio è intervenuta in maniera incisiva su un tema, quello del rapporto tra evasione fiscale e locazione abusiva, di grande interesse. Stando alle considerazioni della Commissione, la dichiarazione di consumata locazione abusiva, che il conduttore denuncia all’Agenzia delle Entrate o alla Guardia di Finanza, non è sufficiente per costituire prova di accertamento dell’evasione fiscale, poiché deve essere supportata da ulteriori elementi quali, ad esempio, il pagamento del canone o delle bollette domestiche.

Eppure – sottolineano in un interessante approfondimento comparso sulle pagine di Italia Oggi, 26 gennaio 2013, Nicola e Benito Fuoco – “dobbiamo valutare che, l’accertamento impugnato, scaturiva da una constatazione della guardia di finanza che aveva valorizzato le dichiarazioni rese dal conduttore; dichiarazioni che, secondo l’Agenzia erariale, hanno il rango di presunzioni gravi precise e concordanti e possono essere considerate quali prova. Dichiarazioni che, dai giudici regionali capitolini in considerazione delle limitazioni delle prove testimoniali nel rito tributario, e alla mancata documentazione di un qualsivoglia riscontro probatorio, non sono state, al contrario, ritenute sufficienti per provare il rapporto di locazione” (vedi anche Fisco ecco chi evade).

Per quanto concerne l’atteggiamento della Commissione, viene osservato “come più volte confermato dalla Cassazione, le dichiarazioni di terzi possono essere prodotte nel giudizio tributario, ma costituiscono solo indizi che vanno liberamente apprezzati dai giudici tributari”. Le dichiarazioni rese dal locatore hanno quindi valore di elementi indiziari, e non possono essere costitutivi di elementi esaurienti se non riescono a trovare un riscontro nel contesto probatorio emergente dagli atti.

“Concludendo” – ricordano gli autori dell’interessante approfondimento che vi consigliamo di consultare – “la Commissione dice che, per gli anni oggetto di accertamento, agli atti del procedimento non risultano allegate né le quietanze di pagamento dei canoni denunciati, né le ricevute di pagamento delle utenze telefoniche, del gas o della corrente; mancano quindi quelle prove certe, precise e concordanti che dimostrino e possano confermare la legittimità dell’accertamento” (vedi anche Comunicazione dati bancari all’Agenzia delle Entrate).

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